07 settembre 2023
Da dove vengo, l'uomo del Nembo
Adesso vi faccio un excursus del mio servizio di leva obbligatoria. Arrivato a Pesaro in pieno inverno con temperatura vicino allo zero, si viene incolonnati
ci danno 2 divise ed in breve tempo dobbiamo imparare a farci il letto a cubo organizzarsi l'armadietto e poi le giornate erano; sveglia alle sei adunata davanti la compagnia dove dovevi avere barba, capelli e divisa a posto pena punizioni. poi alza bandiera e colazione, alle otto inizia l'addrestamento. Impari a marciare in fila ed in colonna poi ti danno il fucile (vecchio garand americano della seconda guerra mondiale) impari a marciare con il fucile lo devi saper smontare e pulire velocemente e poi ancora marce, marce e marce per trenta giorni a quel punto sei pronto per il giuramento, una festa dove marci (tanto per cambiare) e poi dopo il discorso del colonnello e del generale alla fatidica domanda: «lo giurate voi?» si urla «lo giuro» alzando la mano. Al giuramento possono partecipare come pubblico parenti e amici e dopo il giuramento avevamo la giornata libera per stare con i nostri parenti. Poi le marce sono finite e dopo qualche girono ti arriva la destinazione per andare al corpo. La mia destinazione è stata Gradisca d'Isonzo in provincia di Gorizia. (alla faccia del conoscente ufficiale dei carabinieri che avevano contattato i miei genitori). Anche in questo caso partii da Pesaro in treno e mi presentai alla caserma a Gradisca dove venni registrato, inquadrato e avviato a quello che doveva essere il mio compito fino alla fine del militare. Il caso volle che nell'ufficio di compagnia, dove devono stare due persone, uno era andato in licenza e poi si era ammalato e non più tornato e quindi l'unica persona rimasta si faceva un mazzo tanto (non è toscano perchè sarebbe stato volgare ma il significato è quello) e quando vide i miei dati dove c'era scritto diploma triennale di commercio mi chiede: «ma tu sai scrivere a macchina?» io senza neanche rendermene conto rispondo di si e lui mi dice, preparando in tutta fretta la macchina da scrivere che era lì da una parte nell'ufficio: «fammi un po vedere» io mi siedo davanti alla macchina e come si faceva a scuola metto tutte e due le mani sulla macchina pronto per scrivere qualcosa a quel punto il soldato dell'ufficio mi strappa il foglio dalla macchina da scrivere e mi dice: «perfetto, non so che incarico ti hanno assegnato ma tu da oggi sei qui con me in ufficio». Quell'ufficio di compagnia, in caserma, si chiama fureria e quindi ero diventato il furiere del 183°battaglione fanteria Nembo in Gradisca d'Isonzo. Che culo! penserete voi (questo si è toscano) invece il compagno di ufficio che era più anziano di me (militarmente parlando) cioè che si sarebbe congedato prima di me e quindi mi faceva fare tutto a me senza neanche darmi spiegazioni, con non poche difficoltà ho dovuto imparare a organizzare l'ufficio a registrare i nuovi arrivati insomma adesso ero io che mi facevo un mazzo tanto e quando il telefono squillava ed era il capitano che ti chiamava per qualcosa dovevi essere già nel suo ufficio appena riagganciato il telefono. Il furire era un po' il tramite fra i soldati di compagnia ed il comando dove si decidevano i servizi, le guardie e le licenze che per regola, lì a gradisca, erano ogni 45 giorni, ma se venivi punito anche per una piccolezza saltavi la licenza. ho conosciuto ragazzi del nord del centro e del sud ho preso confidenza un po con tutti cercando di essere leale con tutti allo stesso modo, e questo, sommato al mio carattere ha fatto in modo che ottenessi un minimo di rispetto e diventassi un punto di riferimento della compagnia. Ho visto un ragazzo che timidamente in disparte mi chiedeva di leggergli la lettera della sua ragazza perchè lui non sapeva leggere bene, altri mi dicevano di stare male perchè erano più di 3 mesi che non andavano a casa e io cercavo di fargli avere una licenzina. Poi una nota sul mio capitano, si chiamava Ercole Di Bilio appena lo conobbi era duro con lo sguardo fiero ti intimoriva solo a vederlo però poi conoscendolo e sopratutto lavorando come chiedeva lui ( e non chiedeva poco) scoprivi il suo lato umano che non ti aspetti, scoprivi che tutto quello che faceva anche punire i ragazzi per varie cose era per farli crescere perchè i suoi soldati per lui erno come figli. Di questo me ne accorsi quando un giorno mi chiama al telefono e mi dice di andare in ufficio da lui, appena arrivato, solo il tempo di salutarlo con l'attenti e lui mi dice: «Lupi cosa devo fare io con te?» a quel punto io sbiancai e diventai piccolo piccolo con un filo di voce dissi: «perchè?» E lui mi disse: «Ho qui una lettera di un certo ufficiale dei carabinieri in toscana dove mi chiede di fare qualcosa per poterti avvicinare a casa, io tutto quello che posso fare con i contatti che ho, è mandarti a Treviso, dimmi te». (anvedi, si era svegliato il carabiniere). Treviso non era male quasi 2 ore di treno in meno per andare a firenze e poi città più grande e comoda come linee ferroviarie. Però pensai anche a tutti i ragazzi che conoscevo alla compagnia alle loro storie pensai che lasciare tutto quello che avevo creato, per avvicinarmi due ora a casa forse non valeva la pena, e così risposi abbastanza sicuro: «Capitano qui mi sono ambientato mi trovo bene Treviso o Gradisca non c'è una grande differenza preferisco rimanere qui» a questa risposta vidi gli occhi del capitano illuminarsi di gioia e poi subito si asserì e mi disse con tono di comando: «va bene, adesso vai a lavorare» Io salutai e mentre tornavo in ufficio ero felice perchè avevo colpito nel segno, infatti da quel giorno il mio rapporto con il capitano cambiò in meglio, lui iniziò più a fidarsi di me e di quello che riferivo sulla compagnia, con la dovuta cautela potevo influire sul concedere una licenza anche a chi era un po' indisciplinato, e quindi tutto contribuì ancor più a farmi guadagnare fiducia. Fino ad arrivare a quel giorno che non dimenticherò mai. Era una domenica mattina, in caserma la domenica i lavori finiscono alle nove del mattino e poi c'è libera uscita, anch'io stavo mettendo a posto un po' di cose in ufficio e poi sarei andato a fare un giro fuori, la compagnia era semivuota entra in ufficio un ragazzo che io conoscevo bene, non avevo molta confidenza con lui ma conoscevo bene perchè era il tipo che odiava le imposizioni e la disiplina, era indisponente con tutti e quindi proprio la vita militare lo faceva stare male. Era quasi sempre punito e quindi io ricordo di non averlo mai visto andare in licenza, era romano e appena entrò mi disse: «a furiè io voglio andare via» io gli dissi che doveva un pochino impegnarsi altrimenti non potevo fare niente ma lui ribattè: «no non hai capito io voglio andare via per sempre non ce la faccio più a stare qui» Io gli dissi che bene o male dovevamo passare quell'anno e quindi prima ce ne facevamo una ragione meglio passava. Lui mi disse: «io non ce la faccio più mi taglio le vene» a quel punto io gli dissi di non dire cazzate anzi gli dissi che finivo le ultime cose e poi si andava a bere una birra insieme. Lui disse: «va be» e se ne andò. Passarono cinque minuti e iniziai a sentire urla disperate dalla compagnia botte violente gente che scappava urlando, io corro subito verso la camerata del ragazzo che era venuto prima da me e infatti era lui che in un lago si sangue batteva la testa nell'armadietto io non ci pensai due volte lo presi e lo immobilizzai, arrivò il tenente di servizio e poco dopo l'ambulanza che lo portò via. Eh si, aveva cercato di tagliarsi le vene sul serio, e ci era quasi riuscito. Questo per far capire a chi non lo sa, perchè ormai da anni il servizio militare non è più obbligatorio, che quell'anno di militare per me ha significato una svolta nella mia vita, un evento che mi ha fatto crescere sotto tanti punti di vista e che ancora oggi mi sento un uomo del Nembo.
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Io ero a Cormons alla Compagnia Genio Guastatori e sono stato aggregato per il primo campo e in abbinamento per il Corso Carri ....poi aggregato alla Trento per la Sardegna ....si c'erano tanti che avevano nostalgia ...dovevano farsi per rientrare a casa 26 ore di Treno ,certi anche poi prendere il traghetto ....penso che abbiano sofferto ...io ero a 400 km di distanza ma il nostro Capitano non era propenso per le licenze ...poi se eri indisciplinato e punito potevi scordatela la licenza mini o lunga !
RispondiEliminaCiao Lupi. Io a quel tempo ero il medico del Nembo! Ricordo molto bene gran parte delle cose che racconti. Ricordo Di Bilio, e tutti gli altri. Ricordo anche le manifestazioni di intolleranza come quella che hai descritto così bene. Anch'io rimpiango quel tempo bello dell'amicizia e della solidarietà, ma non dimentico nemmeno le intolleranze e le follie violente di qualcuno. Un agrodolce che ha formato anche me umanamente, prima che professionalmente (credo di aver cominciato ad essere davvero un medico proprio lì dentro!) Un caro saluto. Non perdiamoci di vista. Roberto Garofalo
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